Genitorialità e Bigenitorialità

Ancora prima della riforma della filiazione del 2012, la legge n. 54/2006, aveva modificato le norme contenute nel codice civile nell’ambito della separazione dei coniugi, relative all’affidamento e al mantenimento dei figli, prevedendo espressamente (art. 4, comma 2) l’applicazione delle nuove disposizioni anche in caso di divorzio e di procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

La legge ha recepito il principio della bigenitorialità come diritto fondamentale del minore, già sancito dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 ratificata con la legge n. 176/1991 e successivamente dalla Carta di Nizza del 2000.

L’affido condiviso ha rovesciato il precedente concetto di affidamento secondo cui salvo casi particolari, era interesse del minore un affidamento esclusivo ad un genitore (solitamente la madre), salvo il diritto di visita attribuito all’altro genitore.

In base al principio della bigenitorialità quale diritto del bambino, oggi l’affidamento deve, come regola generale, essere condiviso tra entrambi i genitori.

Questo non vuol dire che non si debba stabilire una residenza prevalente del minore per la sua stabilità e per conservare il suo precedente habitat familiare.

Il principio di piena bigenitorialità e quello di parità genitoriale hanno davvero condotto, nella pratica, all’abbandono del criterio della “maternal preference” nell’affidamento o nel collocamento prevalente dei minori?

Nel 2013 ha fatto molto discutere il caso di Cittadella del bambino conteso tra i genitori, tanto da essere stato citato più volte, anche in relazione alla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 29.1.2013 nel caso Lombardo contro Italia. Quest’ultima decisione condanna lo Stato italiano perché per 7 lunghi anni non è riuscito a compiere sforzi adeguati ed efficaci per far rispettare il diritto di visita del padre. E’ stato, quindi, violato il diritto alla vita familiare garantito dall’art.8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, ovvero il diritto del bambino alla relazione con il padre e il diritto del padre alla relazione con il figlio.

Altro precedente interessante quanto discusso poi è la sentenza della Corte di Cassazione 14 settembre 2016 n. 18087, che ha applicato il principio, secondo cui se i figli sono di età prescolare o scolare, la madre è il genitore con il quale i bambini devono convivere prevalentemente, secondo il criterio presuntivo della “maternal preference”, anche se il padre ha eccellenti capacità genitoriali e ha avuto i minori in tenera età in collocazione paritaria. Applicando il criterio presuntivo della c.d. maternal preference, viene calpestato l’interesse morale e materiale dei figli e violato l’art. 337 ter c.c. che tutela il diritto alla bigenitorialità?

Occorre ricordare la pronuncia di poco successiva del Tribunale di Milano – decreto 19 ottobre 2016 – il quale non si è uniformato al criterio della maternal preference nello stabilire la collocazione dei minori, poiché principio non previsto dagli articoli 337 ter e seguenti del codice civile ed è in contrasto con la stessa ratio ispiratrice della legge n. 54 del 2006 sull’affidamento condiviso, oltre che con le fonti di diritto internazionali.

Il principio della piena bigenitorialità e quello della parità genitoriale hanno portato all’abbandono del criterio della “maternal preference” in favore di un altro modello, quello del “gender neutral child custody law”.

Il principio ispiratore nella decisione da parte del giudice ai fini dell’affidamento del minore, deve essere quello della neutralità del genitore affidatario, potendo essere sia il padre, sia la madre, in base al solo preminente interesse del minore. Sempre secondo il Tribunale di Milano – decreto del 14 gennaio 2015 – la genitorialità si apprende facendo i genitori. La “cornice minima” dei tempi di permanenza con ciascun genitore comprende del tempo infrasettimanale e il fine settimana, in modo da garantire una certa continuità di vita col genitore non collocatario, ferma restando la conservazione di un habitat principale del minore (cfr. Corte App. Catania decreto 16 ottobre 2013 e Trib. Milano 3 giugno 2014).